Catechesi e Annuncio

Perché far celebrare delle Sante Messe per i nostri morti?

Nell’Antico Testamento (AT) si parla della preghiera per i defunti perché "siano assolti dai loro peccati" (II libro dei Maccabei 12,45); questo è uno dei pochi  riferimenti dell’AT. La Chiesa fin dagli inizi ha sempre favorito la preghiera in suffragio dei defunti come espressione di un legame d’affetto nella fede che ci lega a quanti sono morti. S. Agostino nelle Confessioni riferisce questo episodio: sua madre, S. Monica, prima di morire, gli aveva raccomandato: "Seppellite pure questo mio corpo dove volete, senza darvi pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, dinanzi all’altare del Signore" (Confessioni 9,11, 27).

Se Dio è amore e con Lui c’è un legame d’amore, una volta morti, la nostra anima è avvolta nella luce della vita eterna e noi per primi vorremo essere purificati se è necessario. Un po’ come un innamorato che si vuole presentare alla persona amata pulito e ben vestito. Uscendo dall’esempio: ogni anima prima di essere per sempre con Dio vedendosi  -come attraverso un purissimo cristallo- nella sua luce splendente e sorgente di ogni pace, essa stessa sente il bisogno di essere purificata da quello che i suoi peccati, hanno per così dire fatto incrostare nello spirito e lo hanno opacizzato. Questa "pulizia" può essere però anticipata in vita con le preghiere e la carità; con la morte non possiamo più pregare o fare altro per noi stessi. Nell’aldiquà però chi è vivo può aiutare (=suffragare) i defunti in eventuale purificazione nell’aldilà. Come? Offrendo ad essi quello che si può fare per se stessi quando si è in vita. L’azione più grande ed efficace però è la S. Messa nella quale Gesù unico mediatore intercede presso il Padre celeste per i viventi ed i defunti. Egli ha preso su di sè tutti i peccati, di tutti gli uomini, viventi o defunti  che siano. Ogni Messa è  sempre il rinnovarsi della Pasqua di Morte e Resurrezione di Gesù Cristo.

                (p. Nicola Gregorio)

 

Don Fabio Rosini, direttore del Servizio per le Vocazioni delle Diocesi di Roma, commenta il Vangelo della XXX Domenica del Tempo ordinario

Il Vangelo di questa domenica (Mc 10, 46-52) ci presenta la figura di Bartimèo, cieco e mendicante di Gerico. Sentendo passare Gesù mentre lascia la città, inizia a gridare: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproverano perché faccia silenzio, ma lui grida ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si ferma e dice: «Chiamatelo!». Allora dicono al cieco: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Bartimèo, gettato via il suo mantello, balza in piedi per recarsi da Gesù. Gesù gli dice: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Il cieco risponde: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli dice: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito torna a vedere e si mette a seguire il Signore lungo la strada.

 

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Domenica 23 settembre tutti i collaboratori pastorali hanno ricevuto il mandato per il nuovo anno pastorale. Per il gruppo dei catechisti e degli educatori AC è stato un momento di grande consapevolezza, in particolare per coloro che cominceranno il nuovo percorso di IC - AC. E' stata una decisione presa dopo attente valutazioni e andando a consultare parrocchie dove già hanno attuato con molto entusiasmo questo nuovo percorso. Si tratta di un cammino in cui catechisti ed educatori ACR sono invitati a collaborare portando ognuno il proprio contributo, la “propria identità”. Tenendo come punto fermo le tappe e le celebrazioni sia dell’uno che dell’altro gruppo, saranno create attività per stimolare i ragazzi a scoprire che con Gesù "si sta bene". I gruppi che cominceranno sono il 2° “Nazareth”, e il 3° “Cafarnao”. Scrive il santo padre Francesco: «Ricordatevi  inoltre  che  il  modo  migliore  per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà».
Crediamo che Azione Cattolica e Iniziazione cristiana possano costruire alleanze per far crescere la comunione, per offrire ai piccoli un ambiente accogliente e attento a ciascuno, per essere palestra di comunità fatta di famiglie che rende più "gustosa" la vita!

L'equipe AC e IC

“In questo mondo, in quest’area di tanta indifferenza, la vostra parola sempre sarà un primo annuncio, che arriva a toccare il cuore e la mente di tante persone che sono di attesa di incontrare Cristo. Anche a loro insaputa, ma sono in attesa. E quando dico primo annuncio non lo intendo solo in senso temporale. Certo, questo è importante, ma non è sempre così. Primo annuncio equivale a sottolineare che Gesù Cristo morto e risorto per amore del Padre, dona il suo perdono a tutti senza distinzione di persone, se solo aprono il loro cuore a lasciarsi convertire! Spesso non percepiamo la forza della grazia che, anche attraverso le nostre parole, tocca in profondità i nostri interlocutori e li plasma per permettere loro di scoprire l’amore di Dio. Il catechista non è un maestro o un professore che pensa di svolgere una lezione. La catechesi non è una lezione; la catechesi è la comunicazione di un’esperienza e la testimonianza di una fede che accende i cuori, perché immette il desiderio di incontrare Cristo. Questo annuncio in vari modi e con differenti linguaggi è sempre il “primo” che il catechista è chiamato a realizzare!”. (osservatoreromano.va)

Videomessaggio del Papa ai Catechisti

 

 

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