Papa: perdonare gli altri, non tutto si risolve con la giustizia
Il Papa ha rivolto una forte esortazione a perdonare, ricordando che Gesù inserisce nei rapporti umani la forza del perdono. Francesco prosegue la sua riflessione sul "Padre Nostro"
concentrandosi oggi sull'espressione "come noi li rimettiamo ai nostri debitori"
perdono che siamo capaci di dare agli altri è quanto di più prezioso abbiamo ricevuto. Lo ricorda Papa Francesco stamani nella catechesi all’udienza generale in Piazza San Pietro, rivolgendo un forte invito a perdonare così come siamo stati perdonati da Dio. Il Papa completa così la riflessione sulla quinta domanda del “Padre Nostro”, soffermandosi, questa volta, sull’espressione “come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Non esistono, infatti, nella Chiesa “‘self made man’, uomini che si sono fatti da soli”, perché “tutti - chiarisce - siamo debitori verso Dio” e “Gesù inserisce nei rapporti umani la forza del perdono”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Nella vita non tutto si risolve con la giustizia. No. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia. Il male conosce le sue vendette, e se non lo si interrompe rischia di dilagare soffocando il mondo intero. Alla legge del taglione – quello che tu hai fatto a me, io lo restituisco a te (...) - Gesù sostituisce la legge dell’amore: quello che Dio ha fatto a me, io lo restituisco a te!
Il Papa esorta, quindi, se non ci si sente capaci di perdonare, a chiedere al Signore questa grazia, "perché - sottolinea - è una grazia":
Dio dona ad ogni cristiano la grazia di scrivere una storia di bene nella vita dei suoi fratelli, specialmente di quelli che hanno compiuto qualcosa di spiacevole e di sbagliato. Con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso. Qual è la cosa preziosa che noi abbiamo ricevuto? Il perdono, che dobbiamo essere capaci di dare anche agli altri.
La riflessione di Francesco si snoda lungo il capitolo 18 di Matteo, quando Gesù dice a Pietro che deve perdonare “fino a settanta volte sette”. “Chi prega, impara a dire 'grazie'” mentre “noi ci dimentichiamo tante volte di dire ‘grazie’”, ricorda ancora il Papa, mettendo in evidenza che Dio ci ama “infinitamente più di quanto noi lo amiamo” e che “per quanto ci sforziamo”, ci sarà sempre “qualcosa di cui chiedere perdono”. Basti pensare ai “giorni trascorsi pigramente” o ai “momenti in cui il rancore ha occupato il nostro cuore”. Esperienze “non rare” che fanno implorare: “Rimetti a noi i nostri debiti”. L’invocazione poteva limitarsi a questa prima parte ma Gesù “la salda con una seconda espressione che fa tutt’uno con la prima” tramite “una congiunzione impietosa”: “chiediamo al Signore di rimettere i nostri debiti, i nostri peccati, ‘come’ noi perdoniamo i nostri amici, la gente che vive con noi, i nostri vicini”, esorta ancora il Papa. La relazione di benevolenza verticale da parte di Dio è chiamata, quindi, a tradursi in una relazione nuova con i fratelli.