Suor Bonetti: alla Via Crucis racconterò il calvario delle vittime della tratta
La missionaria della Consolata, presidente dell’Associazione “Slaves no more”, racconta come ha accolto la richiesta di curare i testi per il Venerdì Santo al Colosseo
Dopo un iniziale momento di “imbarazzo”, mi sono resa conto che poteva essere “una grande opportunità”, “non per me, ma per le tante persone che in tanti anni abbiamo conosciuto, abbiamo aiutato, stiamo aiutando”, persone con le quali abbiamo condiviso un “calvario”. Sarà un’opportunità per far emergere il problema della tratta, per far comprendere “quanto dolore causiamo per la nostra indifferenza”: “non ci tocca più niente”, “non riusciamo più a vedere le persone dietro ai problemi”. Con queste parole suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e presidente dell’Associazione “Slaves no more”, racconta ai microfoni di Vatican News le prime emozioni dopo aver appreso che Papa Francesco ha scelto la sua decennale esperienza tra gli ultimi per le stazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo.
Suor Eugenia Bonetti ha vissuto 24 anni in Africa, ma riconosce che la “missione più dura, più umiliante e più scottante” l’ha vissuta nel suo Paese, in Italia, che si definisce “un Paese cristiano, cattolico” ma ha grandi “carenze umane” e persegue il “benessere e carriera” senza rendersi conto che queste cose “svuotano il cuore”. “Un cuore”, rimarca, “dovrebbe essere pieno di misericordia”, dovrebbe essere “capace di vedere la sofferenza altrui”, non di causarne di più. “Cristo soffre ancora oggi”, prosegue la missionaria della Consolata, “sulle strade delle nostre città”: “Lui è morto per noi, ma per darci il dono della Resurrezione”. Nelle meditazioni per la Via Crucis suor Eugenia Bonetti metterà i sogni spezzati di quanti hanno lasciato il proprio Paese in cerca di una vita migliore, per aiutare la famiglia, e invece hanno trovato criminali che li sfruttano. “La loro croce è pesante”, conclude, “noi vogliamo unirci a loro per sostenerli, ma soprattutto per spezzare gli anelli di questa catena di sfruttamento”.