Insieme per crescere

 

Nel periodo della Quaresima, quando tutti i cristiani sono invitati al “digiuno”, non possiamo astenerci dal pensare al significato profondo della “Fraternità”, che sia nella religione cristiana che nella società laica assume lo stesso significato: cooperazione tra persone che provano affetto e amore, che si esprime attraverso atti benevoli.

In questo periodo cosa ci viene chiesto se non decentrarsi dal proprio ego per donarsi all’altro? Cosa vuol dire “Digiuno”? Il vero senso del digiuno potrebbe riferirsi e divenire sinonimo di “Fraternità”? Di fatto, ci viene chiesto di non essere egoisti, di non giudicare, di non dire parole che possono offendere, di astenersi dal risentimento, o ancora, di riempire il cuore di gratitudine, di perdono, e verso chi, se non nei confronti dei nostri fratelli?! Forse il periodo della quaresima ci aiuta a comprendere meglio il dono (non il sacrificio) del digiunare dal rancore, dall’insoddisfazione, che nella ricerca continua del piacere, spesso ci costringe ad abbracciare il male per annientare nostro fratello.

Per capire la genesi della fraternità, mi sono rivolta alle riflessioni del saggista, monaco laico Enzo Bianchi, il quale prende come riferimento l’antico testamento per raccontare dal punto di vista teologico ed antropologico la nascita della fratellanza.

È molto interessante l’analisi della domanda che Dio pone a Caino: “Dov’è tuo fratello?” Con questa domanda Dio chiede all’uomo di ieri e di oggi, dove si colloca in rapporto all’altro, perché è fondamentale situarsi in una relazione con gli altri uomini; l’uomo per considerarsi tale, deve formare un legame che si trasforma in responsabilità con l’altro. Questo rapporto si chiama “Fraternità”.

Le neuroscienze oggi parlano molto dell’uomo che ha motivo di esistere solo in relazione altrimenti è la morte. Dio nel libro della Genesi ci fa comprendere come L’uomo non può sopravvivere da solo altrimenti è perduto; La fraternità è radicale, ci dice dell’identità di ognuno che si forma anche dalla vicinanza all’altro e questa responsabilità radicata ci mette di fronte all’altro, visto come nostro fratello, da accudire, proteggere, seguire perché è così che siamo tutti figli di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza, quindi unici ma tutti fratelli, e si sa che questa realtà se pur costitutiva è comunque molto fragile perché in ogni uomo vige il “male” che come dice la Genesi : “è accovacciato alla porta del cuore di ciascuno di noi”. Ma la Bibbia ci insegna come dominare questo istinto, come verbalizzarlo e rappresentarlo perché non prevarichi e subentrino la violenza e l’aggressività. Se questo non avviene, la morte prende il sopravvento sull’amore, sulla comunione e quindi sulla vita.

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